venerdì 6 gennaio 2012

Kanzler Hermann

Kanzler Hermann - Generale pontificio e pro-ministro delle armi, nato a Weingarten presso Bruchsal (Baden) il 28 marzo 1822, morto a Roma il 6 gennaio 1888. Cristiano esemplare ed ottimo soldato, intelligente e colto, fu una delle più nobili e cavalleresche figure della vecchia Roma papale. Superati gli liceali a Mannheim, entrò nel collegio militare di Karlsruhe rivelando attitudini ed amore per il mestiere. Portabandiera e tenente (25 maggio 1814), per non battersi in duello rinunziò alla carriera e si diede allo studio delle lingue ed ai viaggi, facendo mostra in diverse occasioni di raro sprezzo del pericolo. Il 1 settembre 1845 potè finalmente essere ammesso in Bologna al servizio della S. Sede come cadetto. Preparatissimo nelle scienze militari e valente organizzatore, divenne sottotenente nella fanteria estera, combattè a Monte Berico (Vicenza) il 24 maggio 1848, ed unico ufficiale superstite, benché ferito, comandò sino all’ultimo la sua compagnia, meritandosi dal gen. Durando una menzione particolare.
Promosso tenente il 15 aprile 1849 e capitano il 21 giugno, funse da aiutante del gen. Zucchi, accorse tra fortunose vicende presso l’esule Pio IX in Gaeta e condusse a termine delicati incarichi segreti nelle provincie dello Stato pontificio in subbuglio. Il 26 luglio 1850 fu scelto del gen. Kalbermatten come ufficiale d’ordinanza, e raggiunse ben presto il grado di colonnello (1 maggio 1859) di fanteria indigena. Lasciato in un primo tempo in disparte dal gen. De Lamoricière, che gli antepose il De Pimodan, sopportò anche questa prova con modestia e serenità. Durante la campagna del 1860 nelle Marche e nell’Umbria seppe nettamente distinguersi fra tutti i suoi colleghi: presso S. Angelo /13 settembre) pervenire ad aprirsi il passo con una smilza colonna attraverso un’intera divisione avversaria, guadagnandosi la nomina a brigadiere generale (22 settembre); alla difesa di Ancona apparve dotato di esperienza, di valore e d’impavido sangue freddo, e fu partigiano fattivo della resistenza ad oltranza.
Di ritorno dalla prigionia in Genova, ebbe il comando d’una brigata, per divenire poi, giovanissimo, tenente generale e pro-ministro (27 ottobre 1865) al posto di mons. De Merode. Attaccatissimo a Pio IX e tanto profondamente benvoluto, stimato dagli stessi avversari del governo pontificio, generoso, calmo e riflessivo, godeva la piena confidenza dei sottoposti italiani ed esteri, anche per il temperamento militare e per la sua mentalità volta alla fredda e tenace offensiva. Era, quindi, il più indicato per procedere a quelle radicali riforme dell’esercito ed studio di quei problemi di difesa che, imposti dai dettami della Convenzione di settembre, fecero dei volontari cattolici una rispettabile ed efficiente compagine bellica.
E lo si vide alla prova dei fatti: la definitiva repressione del brigantaggio nel Lazio meridionale (1864-66), fu seguita dalla valida resistenza opposta alle bande garibaldine nell’autunno1867, nonché dalla vittoriosa azione di Mentana (3 novembre). Venne poi la crisi finale del 1870: essa rappresentò per Kanzler e per i suoi, a giusta detta del Vigevano, un vero e proprio “dramma di psicologia militare”, fra spontaneo spirito di combattività sino al supremo sacrificio e disciplinata ottemperanza alle sovrane disposizioni, volte a ridurre lo scontro al minimo necessario per far constatare l’uso della forza. Anche in quella strema occasione, le milizie pontifice condotte da Kanzler seppero imporsi al rispetto degli onesti combattendo ed obbedendo come un “buon esercito”, tanto da ottenere gli onori delle armi da parte degli assedianti. Terminate le dolorose ed ardue trattative di capitolazione, e salutate le truppe partenti per la prigionia, il Kanzler non volle discostarsi dal fianco di Pio IX, che ebbe la ventura di assistere sino all’ultima agonia. Creato barone da Leone XIII, trascorse il resto dell’esistenza discorrendo e beneficando i suoi ex-soldati, e dedicandosi con successo a studi di carattere militare e di astronomia.
Gli si deve, fra l’altro, un obbiettivo “Rapporto alla Santità di N. S. papa Pio IX sulla invasione dello Stato pontificio nell’autunno 1867” (Roma 1868), nonché una importante raccolta di documenti personali e governativi assicurati all’Archivio Vaticano da mons. A. Mercanti nel 1932. (Paolo Della Torre)

Enciclopedia Cattolica, Vol. VII, col. 653, voce Kanzler


lunedì 5 aprile 2010

Ascetica - Ascetismo

L'Ascetismo consiste nell'esercizio delle virtù cristiane per attuare l'unione dell'anima con Dio, per quanto è possibile su questa terra. I Greci conoscevano un'ascesi fisica (l'atletica) e un'ascesi intellettuale e morale come quella per es. degli Stoici e dei Neoplatonici, per liberare lo spirito dai vincoli delle passioni e delle cose materiali.
L'Ascetismo cristiano è definito da Cristo medesimo, che invita alla rinunzia, all'abnegazione, alla lotta per la conquista del cielo. Gli Apostoli e i Santi di ogni tempo hanno compreso la lezione e l'hanno attuata in pieno imitando l'esempio di Gesù Cristo.
S. Tommaso (Summa Theol. II-II, q. 24, a. 9) ha tradotto in uno schema, rimasto poi classico, tutto l'Ascetismo cristiano. L'Ascetismo secondo l'Aquinate tende a rendere perfetto l'uomo nei rapporti con Dio: questa perfezione si matura per via di amore in tre fasi consecutive: 1.a quella dei principianti, che consiste nel distaccarsi dal peccato, reprimendo le passioni, specialmente la concupiscenza (e qui s'inserisce l'esercizio della mortificazione del corpo e dei sensi); 2.a quella dei progredienti ossia del progresso nel bene (fase positiva) con l'esercizio di tutte le virtù sotto l'impulso e il dominio della carità; 3.a quella dei perfetti propria di coloro che avendo trionfato del peccato sono padroni di se, tenendo soggette le passioni, e quindi aderiscono a Dio col fervore della carità e in Lui pregustano la felicità del Paradiso. Questi tre gradi sono denominati anche le tre vie: purgativa, illuminativa, unitiva. Mirabile trattato ascetico sono gli Esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola.
Fu detto a cuor leggiero che l'Ascetismo cristiano mortifica e deprime lo spirito, avvilisce l'uomo e lo estrania dalla vita; la risposta più efficace è il semplice elenco dei grandi asceti, che toccando le più alte sfere della perfezione cristiana, hanno impresso orientamenti nuovi nella vita dei popoli: si pensi a S. Benedetto, a S. Bernardo, a S. Francesco d'Assisi, a S. Domenica, a S. Caterina da Siena, a S. Ignazio, a s. Teresa.




"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". ASCETICA - ASCETISMO (mi esercito): l'Ascetica è la scienza della perfezione cristiana. Essa si fonda sul dogma, da cui trae luce e vitalità; suppone la morale e la sorpassa conducendo l'uomo dall'osservanza della legge a quella dei consigli evangelici (povertà, castità, obbedienza); si distingue dalla Mistica (v. questa voce), a cui prepara.